Con il rilascio della versione 17.10 Ubuntu ha definitivamente abbandonato Unity.
Personalmente non ho mai apprezzato Unity, fin da quando è comparsa nella Netbook Edition di Ubuntu 10.10 (a quei tempi ho invece apprezzato molto il simpatico ambiente grafico gemello di Kubuntu 10.10 per netbook, chiamato Plasma Netbook).
Il motivo è molto semplice: Unity, che dalla versione 11.04 era divenuta l’interfaccia grafica predefinita di Ubuntu, presentava un accesso alle applicazioni presenti sul computer che andava bene per chi con il computer faceva le solite tre o quattro cose. Le applicazioni erano infatti accessibili o cliccando sulle poche icone presenti sulla barra delle applicazioni o attraverso il macchinoso sistema della dash.
Per non parlare delle complicazioni connesse alla costruzione di lanciatori per software di propria produzione o installati senza ricorrere al gestore di programmi.
Ed evidentemente questo difetto era avvertito anche in casa Ubuntu; tant’è vero che nessuno si è mai sognato di organizzare l’accesso alla variegata serie di applicazioni, per esempio, di Ubuntu Studio con l’interfaccia Unity, preferendo sempre a quest’ultima il classico menu, nel caso Whisker.
Purtroppo l’ambiente grafico predefinito di Ubuntu, dalla versione 17.10, è diventato Gnome 3, che considero anche peggiore di Unity, sempre a motivo dei difetti che ho illustrato poco fa.
Tra l’altro Unity e Gnome 3 erano talmente simili che un utente poco smaliziato nemmeno si accorge che Ubuntu ha cambiato desktop: nessuno, del resto, ha mai capito perché Canonical abbia sprecato per anni risorse per sviluppare un simile doppione.
Fortunatamente viene rilasciata una derivata Ubuntu, che si chiama Ubuntu MATE, che ci offre un desktop classico, tra l’altro leggerissimo in termini di utilizzo delle risorse del computer, molto bello per chi la pensa come me.