Nell’agosto del 1991 lo studente universitario finlandese Linus Torvalds affidò alla rete il primo kernel di quello che sarebbe diventato il sistema operativo Linux (dal nome di Torvalds combinato con Minix, il sistema unix-like che lo ispirò nella sua impresa). E’ bastato un anno perché questa cosa, nata per divertimento, diventasse una cosa seria: già nel settembre del 1992, infatti, un giovane ingegnere informatico con tre studenti universitari di matematica fondarono a Norimberga la prima struttura organizzata per fare che ciò avvenisse, la S.u.S.E. (Software und System Entwicklung). Nel 1993 il successo fu decretato con la nascita della Red Hat Inc. a Raleigh, nel Nord Carolina e con il lancio, da parte del compianto Ian Murdoch, del progetto Debian (combinata del nome di Murdoch, Ian, con le prime lettere di quello della fidanzata Debra): il progetto Debian fu ed è ancora quello più aderente alla filosofia del software libero.
Qualche anno dopo, nel 1998, nacque il progetto Mandrake Linux con l’intento di rendere di più semplice utilizzo il sistema Linux distribuito da Red Hat; dopo attriti con chi deteneva i diritti d’autore dell’omonimo Mandrake dei fumetti, Mandrake Linux divenne Mandriva.
Nel frattempo Red Hat si dedicava sempre più allo sviluppo di applicazioni server e per il mondo imprenditoriale; la diffusione della distribuzione Linux Red Hat per il più vasto pubblico, dal 2003, passò al progetto Fedora.
Nel 2004 nacque, ad opera del miliardario sudafricano Mark Shuttleworth, il progetto Ubuntu con lo scopo di portare la distribuzione Debian dappertutto ed alla portata di tutti, arricchendola sempre più, rendendola sempre più facile da usare e, soprattutto, facendo in modo che chiunque possa utilizzare sistema operativo e quanto più software possibile con interfacce nella propria lingua.
Nel 2006, nonostante Ubuntu già dimostrasse di essere su una buona strada per mantenere fede a questi suoi propositi, nacque un progetto, Linux Mint, che, basandosi su Ubuntu, voleva creare distribuzioni ancora più belle, ricche e facili da usare.
Infatti, accanto alla necessità che il kernel e il sistema operativo Linux diventasse utilizzabile nel mondo imprenditoriale, sui server e in strutture dotate della capacità di progettare il software applicativo da dare in pasto al sistema operativo – obiettivo raggiunto in pieno in pochi anni – c’è sempre stato il forte desiderio delle comunità che si dedicavano ai citati progetti Debian, Fedora, Ubuntu che il nuovo sistema operativo si diffondesse anche tra il pubblico, questa volta non solo come sistema operativo ma come pacchetto contenente, insieme al sistema operativo, alcuni programmi applicativi, almeno quelli di uso più ricorrente (word processor, foglio di calcolo, browser web, riproduttori multimediali, ecc.): ciò che si chiama distribuzione o meglio, per gli affezionati, distro.
Le prime distro che si diffusero, SuSE e Debian, erano costituite da una raccolta di CD, il primo dei quali conteneva il sistema operativo e il software di più ricorrente uso; gli altri programmi si trovavano, all’occorrenza, sugli altri CD e si potevano caricare sul computer con semplicissime procedure e, soprattutto, con la certezza che funzionassero.
Ai CD, subentrata la possibilità di scaricare dati da Internet con velocità sempre crescenti, si sono sostituiti i così detti repository, magazzini digitali di software raggiungibili dal sistema operativo attraverso la rete e lo stesso sistema operativo si scarica ormai dai siti in rete dei distributori.
I sistemi di gestione dei pacchetti di programmi inclusi nelle distribuzioni sono due: apt (advanced packaging tool) della Debian e derivati Ubuntu e Mint e rpm (redhat package manager) della Red Hat e derivate Mandriva e Fedora, adottato anche da SuSE. Questi sistemi di gestione consentono il caricamento dei programmi applicativi sul computer in modo facilissimo, occupandosi di caricare anche tutte le librerie per farli funzionare (come si suol dire, sistemando le dipendenze). Caricato il sistema operativo, troviamo sul computer un gestore dei programmi, variamente battezzato, che ci elenca, suddivisi per categorie, tutti i programmi disponibili nel repository della distribuzione con la possibilità, essendo collegati a Internet, di caricarli sul computer con un semplice click.
A questo punto, chi dice che Linux è un sistema difficile da usare e non adatto a principianti, non sa veramente di cosa parla.
Come sicuramente non è aggiornato chi crea ansia sul fatto che le varie distribuzioni Linux non funzionino su tutti i computer o non riconoscano certe periferiche (stampanti, scanner, ecc.): il così detto problema dei driver. Può darsi che a inizio secolo qualche problema si sia verificato, ma ormai, se ci riferiamo a prodotti di marca e di ampia diffusione, anche questo timore non ha fondamento alcuno. Certo che, di fronte a un prodotto di nicchia, potremmo incontrare difficoltà. Sono comunque facilmente verificabili in rete le compatibilità.
In sostanza, rendiamoci conto che Linux non è più un fatto pionieristico: basti pensare che i due terzi dei server nel mondo sono equipaggiati Linux.
La diffusione stenta ad affermarsi negli usi domestici o delle piccole aziende, anche perché, quando acquistiamo un computer per questi usi, ce lo ritroviamo già equipaggiato Windows: alla faccia della lotta alle posizioni dominanti.
Per chi voglia assaggiare la variante Linux vorrei dare qualche indicazione, rammentando che tutti i sistemi Linux sono installabili anche a fianco di altri sistemi già presenti sul computer: all’accensione comparirà un menu da cui scegliere il sistema da avviare.
Nel formulare le mie indicazioni mi limito alle distribuzioni più affidabili che fanno capo alle strutture e ai progetti che ho citato prima e che hanno fatto la storia di Linux. Si tratta, infatti, delle distribuzioni che creano nessuno o meno problemi all’utente inesperto, sia in fase di installazione sia in fase di utilizzo, e le elencherò proprio in quest’ordine.
Ovviamente prescindo dalle distribuzioni a pagamento destinate al mondo produttivo, come Red Hat Enterprise Linux e Suse Linux Enterprise, o destinate ai server: a pagamento si fa per dire, nel raffronto con quanto sono a pagamento le analoghe e meno affidabili soluzioni proposte da Microsoft (Ubuntu server è comunque gratuito e si paga solo se si stipula un contratto di assistenza).
Altra avvertenza preliminare: Debian e Ubuntu fanno dei rilasci a distanza ravvicinata, Ubuntu puntualmente ogni sei mesi e Debian, con i suoi rilasci testing o unstable, con meno regolarità ma con cadenza simile. Si tratta di rilasci destinati a migliorare, a correggere imperfezioni delle versioni precedenti, ad includere sempre nuovi driver e sempre nuove librerie al servizio dell’evoluzione dell’hardware e del software. Tutta roba da addetti ai lavori e che è meglio l’utente normale lasci agli addetti ai lavori, preferendo le versioni stabili che vediamo subito.
Per vivere tranquilli e godersi un Linux senza problemi la distro che mi sento di suggerire per prima è Linux Mint. Come ho già detto, Linux Mint è una riproposizione di Ubuntu, con un repository dei programmi integrato con quello di Ubuntu, in versione di estrema facilità di uso e con una cura dei particolari di rifinitura al limite del perfezionismo. Le sue distro vengono diffuse ogni due anni, all’epoca maggio/giugno, un paio di mesi dopo l’uscita delle Ubuntu LTS su cui si basano e sono contraddistinte da un numero cardinale: l’ultima versione uscita porta il numero 18 e la sua prima edizione, Linux Mint 18 nominata Sarah, uscita nel 2016, l’ho presentata nel mio articolo “Benvenuta Sarah” su questo blog nel luglio del 2016 con allegato un manualetto per l’installazione. Queste versioni sono supportate con aggiornamenti per 5 anni: la 18 lo sarà fino al 2021. Nel periodo di supporto, per chi volesse procurarsi per la prima volta la versione più aggiornata, vengono rese disponibili sotto-versioni: nel gennaio 2017, per esempio, è uscita la versione 18.1, che sarà sempre supportata fino al 2021. Solo nel 2018 uscirà la versione 19, che sarà supportata fino al 2023. Il sito su cui troviamo Linux Mint è https://www.linuxmint.com/, dove, purtroppo in inglese, troviamo descritte le varie versioni grafiche disponibili e possiamo scaricare quella che più ci piace.
Con alcuni piccoli e superabilissimi inconvenienti che possono sorgere nel dopo installazione per sistemare i pacchetti linguistici o alcuni driver, metterei al secondo posto la ricchezza che ci offre Ubuntu. Sul sito http://www.ubuntu-it.org/ troviamo, in bella lingua italiana, una completa presentazione di Ubuntu con tutte le sue derivate, tra le quali possiamo trovare quella che più incontra i nostri gusti, le nostre necessità di lavoro o le caratteristiche del nostro computer: se ci interessa soprattutto la multimedialità probabilmente ci conviene installare Ubuntu studio, se siamo insegnanti probabilmente Edubuntu è quello che fa per noi, se abbiamo un computer vecchiotto e un po’ debole di RAM possiamo scegliere Lubuntu con la sua leggerissima interfaccia grafica, ecc: troviamo tutto ben descritto sul sito. Se scarichiamo la versione standard possiamo scegliere tra l’ultima versione LTS (la Long Term Support, con supporto di 5 anni, che consiglio a chi vuole eliminare ogni possibile problema) o l’ultima intermedia semestrale (quella che, come ho detto prima, lascerei ai più esperti). Quanto alle versioni specializzate, tipo Edubuntu, Ubuntu studio, ecc. teniamo presente che non costa nulla caricare sullo stesso computer più sistemi operativi: possiamo benissimo avere Xubuntu per scrivere e fare di conto e Ubuntu studio per fare musica.
Mint e Ubuntu hanno il pregio di offrirci ottimi gestori di programmi attraverso i quali possiamo arricchire senza alcuna difficoltà di ricerca e di caricamento il nostro computer. Gli aggiornamenti vengono proposti indicandone il tipo e il grado di rischio, in modo che è lasciata a noi la scelta se farli o meno.
Altra distro di tutto rispetto, solo forse un po’ più difficile da installare e manutenere, è quella che ci viene offerta da S.u.S.E. con il nome openSUSE. La versione corrente è la 13.2 e si può scaricare dal seguente indirizzo https://it.opensuse.org/Portal:Distribuzione. Al momento dell’installazione si sceglie l’interfaccia grafica del desktop tra le alternative KDE, Gnome e Compiz. Una descrizione di queste alternative si trova all’indirizzo https://it.opensuse.org/Interfaccia_grafica_utente. Rispetto a Ubuntu, open SUSE ha un magazzino di programmi meno organizzato e l’installazione degli aggiornamenti, proposti in maniera indiscriminata, può creare problemi dalle conseguenze catastrofiche.
Non per difetti di funzionamento, che è ottimo, ma semplicemente per la maggiore difficoltà a reperire e caricare i programmi, dopo quanto elencato metterei Fedora. Il suo sito è https://getfedora.org/it/. Il sistema che ci viene offerto in prima istanza da Fedora è quello denominato Workstation, ma secondo i miei gusti è graficamente il peggiore tra tutti quelli che possiamo avere. Ve ne sono altri 6, ben descritti nella zona centrale della pagina web del sito, sotto il titolo “Vorresti ulteriori opzioni per Fedora?”. La versione corrente, variamente vestita come grafica, è la 25.
Riandando a coloro che hanno fatto la storia di Linux, dopo la crisi finanziaria che ha decretato la chiusura di Mandriva nel 2015, mi piace segnalare che sulle ceneri di Mandriva è nata openMandriva il cui sito web è https://www.openmandriva.org/?lang=en. Recentemente è stata rilasciata la distro LX3, graficamente impostata su KDE, che mi pare non abbia nulla da invidiare a quelle fin qui citate. La sua installazione penso sia la più facile del mondo Linux ma, purtroppo, non altrettanto avviene per alcune configurazioni che arrivano ad impiantare il computer.
Con estremo disagio, perché non se lo meriterebbe per la sua importanza storica, metto all’ultimo posto Debian, che troviamo sul sito https://www.debian.org/index.it.html. La versione stable corrente è la 8. I difetti di Debian – che se si riesce a installare è ottimo sotto tutti gli aspetti – stanno nella difficoltà di installazione, che spesso naufraga impiantando il computer, e in problemi ricorrenti con alcuni driver. Non dimentichiamo, comunque, che grazie a Debian abbiamo Mint e Ubuntu.
Tutte le distro che ho elencato possono essere scaricare in versione “live”. Queste versioni, masterizzate su DVD o inserite su chiavetta USB avviabile, ci offrono la possibilità di essere provate senza essere installate sul disco rigido del computer, in modo che l’installazione possiamo farla dopo aver verificato che il prodotto sia di nostro gradimento e, soprattutto, che funzioni sul computer su cui vorremmo installarlo (quanto a scheda grafica, audio, rete ethernet, wifi, ecc.). Teniamo presente che, con la sola eccezione di openMandriva, che si può italianizzare già in prova, queste prove dovremo farle con il layout di tastiera americana e con le interfacce delle applicazioni in lingua inglese. Infine sappiamo che, a causa della migrazione da BIOS a UEFI con i problemi che ho trattato nel mio articolo dello scorso mese, se vogliamo utilizzare versioni live degli ultimi rilasci delle distro è bene che ci serviamo del DVD. Chi usa Windows dotato del programmino Rufus ha il vantaggio di poter generare chiavette USB live utilizzabili sia con il BIOS sia con UEFI.
In questa carrellata non ho citato Arch Linux. Non è stata una dimenticanza e, per chi voglia un Linux fai-da-te, cito l’indirizzo https://wiki.archlinux.org/index.php/Arch_Linux_(Italiano), dove si può vedere di che cosa si tratta e si può scaricare ciò che serve per installarlo. Alla prima installazione abbiamo qualche cosa di minimale, senza nemmeno interfaccia grafica, e possiamo poi installare ciò che ci serve costruendo un sistema operativo come ci piace. Ovviamente non è roba da principianti.
Buon Linux!