Nel dicembre 2015 ho pubblicato su questo blog un articolo sul software libero Rosegarden, allegandovi un manualetto che illustra l’utilizzo di questo software come sequencer MIDI.
Già a quel tempo Rosegarden era qualche cosa di più di un sequencer MIDI, ma ho limitato il manuale a questa sola sua funzione innanzi tutto perché per gli amici che insistono ad usare solo il sistema operativo Windows Rosegarden è semplicemente – e purtroppo è ancora così – un sequencer MIDI e, in secondo luogo, perché, a quel tempo, le sue potenzialità di trattamento audio disponibili per il sistema operativo Linux non erano al livello raggiunto in seguito.
A quel tempo mi riferivo alla versione 14 di Rosegarden, che non poteva essere definita una vera e propria Digital Audio Workstation. Oggi è disponibile la versione 17.12.1, rilasciata nel febbraio 2018, che assomiglia di più ad una vera e propria Digital Audio Workstation.
Dal momento che continua a mancare documentazione in lingua italiana per l’uso di questo gioiello del software libero, ho ritenuto di proporre l’allegato manualetto che descrive Rosegarden nella sua completezza.
Purtroppo questa versione del manuale non può interessare coloro che utilizzano il sistema operativo Windows, per i quali vale sempre il precedente manuale sulla versione 14 limitata al MIDI.
Invito tuttavia anche loro a leggere il nuovo manuale qui proposto. Basta poco, infatti, per installare di fianco a Windows un sistema Linux che dia modo di sfruttare in pieno le potenzialità di Rosegarden.
Come sempre, il manuale è liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Tag: programmi per fare musica
Csound, software libero per la computer music
In questo blog ho già passato in rassegna parecchi software per fare musica con il computer, scegliendo nel grande mare del software libero, corredando la presentazione con manualetti destinati ad una prima familiarizzazione con i vari programmi presentati.
Parlo dei documenti PDF “musica_suono.pdf” allegato all’articolo Software libero per fare musica dello scorso maggio, “rosegarden.pdf” allegato all’articolo Rosegarden come sequencer MIDI appena pubblicato e “lmms.pdf” allegato all’articolo Altra musica sempre con software libero dello scorso ottobre.
Quest’ultimo, non in ordine di tempo ma in ordine logico, allude ad “altra musica” perché, a differenza dei primi due, che ci illustrano mezzi con i quali possiamo fare musica producendo suoni che si rifanno agli strumenti musicali tradizionali attraverso il MIDI, ci propone un mezzo che offre anche la possibilità di creare suoni originali con il computer utilizzando tutta una serie di oscillatori digitali preconfezionati: così, dalla musica al computer che imita i suoni tradizionali (violino, tromba, chitarra, pianoforte, ecc.) passiamo alla vera e propria computer music, dove il computer diventa lui uno strumento musicale, capace di produrre suoni propri, non necessariamente ad imitazione di altri suoni.
Ma farei un torto alla collettività del software libero se non ricordassi che tutte queste belle cose sono possibili perché esiste, come si suol dire a monte, un’altra monumentale realizzazione, sempre di software libero, che si chiama Csound.
Nell’ambito della grande categoria della musica elettronica, quella che, in origine, componevano Stockhausen, Berio, Maderna utilizzando enormi oscillatori elettrici e che nel 1964 divenne di produzione più domestica con l’invenzione del sintetizzatore Moog, comunque un bell’apparecchietto tutt’altro che portatile, la computer music è la sottocategoria della musica che si fa con un computer, anche portatile – nemmeno di grande potenza – e, perché no e pur con qualche limitazione, con un tablet o un telefonino equipaggiati Android.
Possiamo dire che il padre della computer music è Max Mathews, che produsse presso i Bell Laboratories, a partire dal 1957, parecchi software, poi catalogati come serie Music N, per la sintesi del suono su grossi elaboratori.
Parallelamente, a partire da metà anni ’60, Barry Vercoe, uno scienziato informatico anche musicista compositore di origine neozelandese, si occupò, presso l’MIT di Boston, del problema dell’interazione tra computer e musicista, come a voler ripetere l’esperienza del Moog sostituendo al Moog un calcolatore.
E’ alla fine di questa lunga esperienza, iniziata utilizzando il linguaggio Assembly e proseguita utilizzando il linguaggio C, nel frattempo regalatoci da Dennis Ritchie, che nasce, nel 1985, Csound: un linguaggio di programmazione sviluppato in C e che del C conserva certe impostazioni, con il quale possiamo creare suoni sempre nuovi partendo dalle oscillazioni, cioè ab ovo.
Tutto ciò che troviamo di preconfezionato per fare musica sul nostro computer è stato sviluppato con un ricorso più o meno diretto al linguaggio Csound.
Per noi dilettanti è sufficiente sapere che c’é: anche perché non si può dire che sia user friendly e alla facile portata di un dilettante.
Per i professionisti della computer music, siano essi musicisti con la passione del computer e dei nuovi suoni, siano essi programmatori che producono il software che poi semplifica la vita a noi dilettanti, Csound è ancora sulla cresta dell’onda, ha una nutrita community che lavora continuamente per migliorarlo e si mostra frequentemente in conferenze internazionali, l’ultima delle quali tenutasi lo scorso ottobre a San Pietroburgo.
Ovviamente ha un sito web, all’indirizzo www.csounds.com, sul quale possiamo fare la conoscenza del mondo di Csound e dal quale possiamo liberamente scaricare il software di base e alcuni tools che ne rendono più amichevole l’utilizzo. Il software è disponibile per tutti i sistemi operativi (Linux, Windows, OS X) con app limitate anche per Android e iOS.
Purtroppo tutta la documentazione è in lingua inglese.
Abbiamo, tuttavia, anche in Italia qualche guru di Csound che ce ne parla in buon italiano.
Penso al prof. Riccardo Bianchini, le cui preziose documentazioni sono reperibili sul web digitando “riccardo bianchini csound” su una barra di ricerca e a Giorgio Zucco, autore di un ottimo manuale pratico edito da Giancarlo Zedde: Sintesi digitale del suono, Laboratorio pratico di Csound.
Per capire immediatamente di che cosa parliamo e per dar modo a chi lo voglia di fare qualche prova rimando comunque all’allegato documento in formato PDF, scaricabile e stampabile.
Rosegarden come sequencer MIDI
Nel mio manualetto Musica e Suono.pdf, allegato all’articolo Software libero per fare musica dello scorso maggio, dopo aver presentato alcuni software con i quali è possibile generare file MIDI come “sottoprodotto” rispetto al risultato principale di scrivere partiture musicali, dicevo che un sequencer MIDI deve avere due cose in più, rispetto a questi software.
Innanzi tutto essere in grado di produrre file MIDI traducendo in segnali di controllo l’input inviato da un musicista che suona su una tastiera collegata al computer e, inoltre, dare la possibilità di editare il file contenente i controlli, i così detti eventi MIDI, in modo da poter intervenire con modifiche e/o nuovi inserimenti per arricchire il file stesso di correzioni ai controlli inseriti con la tastiera o di nuovi controlli non inseribili con la tastiera (come controlli per la disposizione stereofonica del suono, l’espressione, il portamento, la modulazione, il cambio dello strumento musicale, ecc.).
Dicevo anche che non esistono – nel mondo del software libero – programmi che, senza tanto impegno di risorse e di capacità di organizzarle, si limitino ad aggiungere solo queste due cose alla possibilità basica di inserire le note e la loro durata con il mouse.
In realtà non è del tutto vero.
Nel citato manualetto, parlando di software libero che può reggere il confronto con lo storico software commerciale Cubase, accennavo alla possibilità di integrare su Linux i tre programmi Rosegarden, Ardour e Hydrogen: il procedimento alquanto complicato è ben descritto da Stefano Droghetti nel documento che troviamo all’indirizzo stefanodroghetti.altervista.org/produzione-musicale. La più grande complicazione insita in questo procedimento è data dalla necessità di utilizzare il server audio Jack con la relativa configurazione e con l’aggravante che l’uso di Jack esclude la possibilità di usare il server audio di default di Linux (Pulseaudio) cui sono collegati tutti gli altri programmi che hanno a che fare con il suono. Non solo: salvo ricorrere a artifici da smanettoni, una volta spento il server Jack il server Pulseaudio non riparte e, per farlo ripartire, occorre spegnere e riaccendere il computer (mi pare che, fortunatamente, ciò non sia più necessario da Ubuntu 15.4 e derivate in poi).
Tutte queste complicazioni non ci sono se usiamo Rosegarden semplicemente come sequencer MIDI, rinunciando alle sue prestazioni sul fronte audio.
D’altra parte la versione di Rosegarden per Windows, realizzata nel giugno 2014 da Richard Bown, uno degli originari sviluppatori di Rosegarden, partendo dalla versione Linux 14.02 – Kaleidoscope, non ha attivate le funzioni audio e funziona solo come sequencer MIDI.
Per il sistema operativo Linux Rosegarden è giunto alla versione 15.10 – Oranges and Lemons, appena uscita.
Su Rosegarden per Linux possiamo sapere tutto visitando il sito rosegardenmusic.com, dove troviamo il tarball del source code e i riferimenti per le varie versioni adatte alle versioni del nostro sistema operativo Linux: per essere tranquilli basta installare Rosegarden dal repository della nostra distro.
Rosegarden per Windows lo troviamo all’indirizzo http://sourceforge.net/projects/rosegarden/files/rosegarden/14.02-WINDOWS/.
Data la carenza di documentazione in italiano, a vantaggio di chi voglia sperimentare Rosegarden come sequencer MIDI, ho ritenuto utile produrre l’allegato manuale in formato PDF, scaricabile e stampabile.
Altra musica, sempre con software libero
Nel mio articolo “Software libero per fare musica”, che si trova archiviato nella categoria “software libero”, e nel relativo allegato in formato PDF “Musica e Suono” ho illustrato alcuni software con i quali possiamo ottenere suoni dal computer, potendoli anche organizzare in maniera da comporre veri e propri brani musicali, fino a produrre file audio di qualità professionale.
Già con quei pochi strumenti possiamo disporre di una vera e propria DAW (Digital Audio Workstation) con la quale abbiamo modo di generare musica (sequencer e arranger MIDI con generatori di suono) e di manipolare i file audio così ottenuti (editor e convertitori di file audio).
Mi si dirà che i costosi Cubase, Sonar, FL Studio, ecc. sono un’altra cosa. Come un’altra cosa è peraltro ciò che descrive Stefano Droghetti nella sua guida “Produzione musicale”, consultabile sul sito http://stefanodroghetti.altervista.org/: con più programmi di software libero messi insieme su un sistema operativo Linux, senza spendere un euro, il Droghetti (con lo pseudonimo da cantautore Senbee) produce cose che nulla hanno in meno di quelle prodotte con Cubase e che possiamo ascoltare visitando il sito https://archive.org/details/Senbee.
Tra l’altro i tre principali componenti di questo mix descritto da Stefano Droghetti (il sequencer MIDI Rosegarden, la drum machine Hydrogen e l’editor audio Ardour) sono ormai disponibili anche per i sistemi operativi OS X e Windows. In particolare l’ultima versione di Ardour, la 4 uscita lo scorso giugno, oltre che poter girare anche su Windows, tratta ormai come si deve anche i file MIDI e, su Linux, può funzionare anche senza il server Jack, sia pure, ovviamente, nei soli casi in cui non si voglia sincronizzare Ardour con altri software.
Ma io sono un minimalista e sono sempre alla ricerca di cose che producano apprezzabili risultati con le minori complicazioni e il minore impiego di risorse possibili e, indirizzando i più esigenti al superlativo lavoro divulgativo di Droghetti, vorrei invece attirare l’attenzione dei meno esigenti su un prodotto di software libero in cui mi sono imbattuto: LMMS.
LMMS è, storicamente, l’acronimo di Linux MultiMedia Studio, a denotare la nascita di questo software nel mondo Linux. Dal momento che esistono ormai versioni che funzionano benissimo anche su Windows e OS X, nella sua attuale presentazione sul sito https://lmms.io/, evidentemente per sottolineare che il prodotto appartiene ormai anche ad altri mondi, si gioca su Let’s Make Music, lasciando perdere, appunto, ogni riferimento al mondo di provenienza con una S non spiegata nell’acronimo.
Per quanto mi riguarda, il principale pregio di questo software è quello di rimediare alla più vistosa carenza di quanto ho presentato nella mia rassegna “Musica e Suono” che ho citato all’inizio. In quella rassegna i suoni che produciamo sono solo quelli catalogati nel sistema MIDI.
Non che siano pochi: ne possiamo contare, infatti, oltre 300, di cui un centinaio ad imitazione dei suoni prodotti dagli strumenti musicali che ci sono noti, un centinaio di suoni di percussioni e un altro centinaio tra suoni originali o imitanti suoni naturali (dal cinguettio di un passero al rumore di un elicottero, dal galoppo di un cavallo al rumore del vento, dal rumore della pioggia al suono prodotto da applausi, ecc.). Sono comunque in numero limitato e li dobbiamo prendere come sono: li possiamo solo rendere più o meno gradevoli utilizzando strumenti di riproduzione più o meno validi.
A proposito, poi, di percussioni, la mia richiamata rassegna non contiene alcun software specificamente dedicato alla produzione di basi ritmiche.
Per queste, stando a quella rassegna, si devono utilizzare innanzi tutto le basi ritmiche preconfezionate nell’arranger MMA, con il quale ne possiamo comunque costruire altre originali, o ci si affida alla scrittura sul rigo musicale secondo la codifica MIDI degli strumenti di percussione da dare in pasto al canale 10 del MIDI. Tutto molto laborioso e, soprattutto, senza aver modo di udire ciò che facciamo nel momento in cui lo facciamo.
Queste due lacune sono ampiamente colmate da LMMS, con il quale possiamo produrre tutti i suoni che vogliamo, senza peraltro rinunciare ad utilizzare quelli del MIDI, e con il quale possiamo disporre di una vera e propria drum machine.
Ovviamente tutto ciò che facciamo con LMMS lo possiamo esportare in file audio.
Per una comprensione delle differenti potenzialità creative di questi software propongo l’ascolto di due brani.
Questo primo brano è un mio arrangiamento di In a sentimental mood di Duke Ellington, prodotto con il software che ho presentato nel mio precedente articolo
Si nota come i suoni siano ad imitazione di quelli di tradizionali strumenti musicali e, con il software utilizzato, non si potrebbe fare di più, salvo ricorrere a qualche suono di sintesi presente nel catalogo MIDI, comunque preconfezionato e non modificabile da parte nostra.
Questo secondo brano, Onion di Skiessi, è prodotto con LMMS e si trova nella sua biblioteca dimostrativa
I suoni sono particolari e prodotti, così come li sentiamo, dal gusto dell’autore senza il ricorso a suoni preconfezionati da altri.
Ciò che purtroppo LMMS non fa è la registrazione da microfono.
Come succede con il software che ho presentato nel mio precedente articolo, anche se usiamo LMMS arriviamo a produrre file audio soltanto con suoni generati dal computer. Il mixaggio con suoni prodotti altrimenti (accompagnamento con la nostra chitarra, melodia suonata con il nostro flauto, canto con la nostra voce, ecc.) è possibile solo previa registrazione di questi suoni con altri strumenti software.
Per questo dobbiamo accontentarci sempre del vecchio Audacity.
Pertanto, se lavoriamo su Windows o se, lavorando su Linux, vogliamo evitare le complicazioni del server Jack, il processo rimane sostanzialmente sempre quello di produrre un file audio con i suoni generati dal computer, aprire questo file con Audacity e farne una base su cui sovrapporre le altre tracce audio registrandole con lo stesso Audacity utilizzando un microfono e sentendo in cuffia la base stessa.
Con LMMS, tuttavia, diventa possibile anche registrare altrove un file MIDI per la melodia, importarlo e costruirvi attorno una base ritmica o un accompagnamento armonico per produrre con LMMS il file audio finale polifonico.
Mai, comunque, potremo mixare come si deve un intero file audio all’interno di LMMS.
Per quanto riguarda Audacity e il suo uso, rendendomi conto che quanto ho detto nei miei precedenti articoli è forse poco, consiglio a chi ne voglia sapere di più i seguenti riferimenti, riguardanti purtroppo versioni un po’ datate ma con il vantaggio di essere in lingua italiana:
. http://informaticangioy.altervista.org/dispense/audacity.pdf
. http://www.nanolab.unimore.it/it/wp-content/uploads/2012/06/Audacity1_2_6Man0_0_2
Per quanto riguarda LMMS, una sua descrizione con indicazioni di funzionamento, anche con obiettivi non banali, si trova nell’allegato file PDF, scaricabile e stampabile.
Software libero per fare musica
Il software che abbiamo visto finora (per scrivere, per calcolare, per disegnare e per gestire dati) utilizza, del computer, le memorie (ROM per accedere al software e per memorizzare i risultati, RAM per avere a portata di mano quanto necessario alle elaborazioni), il microprocessore o CPU (per eseguire le elaborazioni), la tastiera (per immettere i dati e le istruzioni necessari per le elaborazioni) e lo schermo (che, grazie alla scheda grafica, ci fa vedere cosa stiamo combinando). Il computer è sempre stato zitto.
Ma il computer può anche emettere suono, addirittura può generarlo.
Fino a qualche po’ di anni fa si trattava di gracchianti bip e, per produrre suoni degni di tale nome occorrevano apparecchiature esterne collegate al computer, come sintetizzatori, schede audio, ecc. Oggi, anche un portatile di fascia medio bassa ha una scheda audio integrata in un chip della scheda madre, grazie alla quale si possono generare e riprodurre suoni di elevata qualità, soprattutto se, per riprodurli, non ci si accontenta delle altoparlantine del computer ma si danno in pasto a sistemi di altoparlanti surround attraverso l’uscita che ogni computer offre in favore di uno spinottino jack (in genere lo stesso che si usa per le cuffie). Ovviamente, per risultati di elevata professionalità, si procede ancora con l’ausilio di apparecchiature esterne: ma si può ormai fare parecchio anche con il portatile di casa solo e nudo.
Il compito della scheda audio è quello di convertire segnali digitali in segnali analogici o viceversa. A volte immettiamo nel computer un segnale analogico attraverso un microfono inserito in una presa jack del computer o attraverso un cavetto con jack da inserire nella stessa presa o in una presa line-in dedicata: in questo caso la scheda audio trasforma il segnale analogico ricevuto dall’esterno in segnale digitale. Altre volte immettiamo nel computer un segnale digitale, contenuto in un file audio memorizzato sull’hard disk del computer, o su una chiavetta USB, o su un CD audio e la scheda audio lo converte in analogico in favore del sistema di altoparlanti interno o esterno che lo riproduce.
In tutti questi casi, però, il computer converte suoni, rappresentati in vario modo, da un tipo all’altro, ma non li crea lui, li riproduce soltanto. Esiste software per gestire questa riproduzione, per memorizzare e trovare al momento opportuno il brano musicale da riprodurre, per convertire lo stesso formato digitale in tanti modi, per trattare, cioè un suono già prodotto. Ma ci occuperemo di queste cose in altra sede.
In questo articolo, invece, ci occuperemo di software attraverso il quale è il computer che genera il suono e il nostro compito è quello di “dire” al computer quale suono generare, con quale timbro, per quale durata, ecc. fino a creare un vero e proprio brano musicale polifonico; brano musicale che potrà venire semplicemente suonato dal computer o registrato, con i suoni generati dal computer, in un file audio da memorizzare in formato digitale sull’hard disk, su una chiavetta USB o su un CD audio, come se fosse un suono generato da un complesso musicale e registrato.
Lo strumento con cui “diciamo” al computer quale suono generare, con quale timbro, per quale durata, ecc. è il file MIDI.
MIDI è l’acronimo di Musical Instruments Digital Interface (Interfaccia Digitale per Strumenti Musicali) ed è un protocollo standard creato affinché strumenti musicali, elettronici e non, sintetizzatori generatori di suoni elettronici, schede audio, ecc. possano intendersi tra loro.
L’elemento atomico del file MIDI è il messaggio MIDI, composto da due o più byte, uno dei quali si chiama byte di stato e gli altri sono byte di dati. Il byte di stato è il primo che legge il computer e, a seconda della sua natura, il computer si appresta a ricevere e interpretare i byte di dati: se il byte di stato è del genere note on (ti sto mandando una nota e ti indico su quale dei 16 canali MIDI ti arriverà), il computer si appresta a ricevere due byte di dati, uno che indica l’altezza della nota (il Do centrale ha il valore 60, in binario 00111100) e uno che indica la forza (velocity) con cui la nota deve suonare (da poco più di 0, che sta per pianissimo a 127, che sta per fortissimo); se il byte di stato è del genere control change (con quale espressione, con quale volume, in quale posizione stereofonica, ecc. devi far sentire il suono), il computer si appresta a ricevere quattro byte di dati con codificate tutte queste belle cose; se il byte di stato è del genere program change (che timbro devi usare per generare il suono), il computer si appresta a ricevere un byte di dati indicante in codice lo strumento musicale (il pianoforte classico ha il valore 0, la chitarra classica ha il valore 24, la tromba ha il valore 56, ecc. ovviamente espressi in binario). Ovviamente nel file MIDI, su ciascun canale, i messaggi control change e program change sono validi fino a nuovo avviso e, al limite, possono essere presenti nel file una sola volta, mentre i messaggi note on sono quelli che fanno la parte del leone e ce ne saranno tanti quante sono le note da suonare.
Quando il computer riceve il codice dello strumento col cui timbro gli si chiede di generare il suono, in mancanza di meglio va a consultare la tavola sonora aggregata alla scheda audio e preleva da lì il suono da passare alla scheda audio. La tavola sonora è un insieme di suoni prodotti per sintesi ad imitazione del suono dei vari strumenti musicali (128, codificati da 0 a 127) ed è costruita in modo da occupare il meno spazio possibile (sappiamo che la registrazione del suono digitale occupa molto spazio).
Se lasciamo al computer di pescare i suoni dalla tavola sonora otteniamo risultati mediocri: si sente benissimo che i suoni sono finti.
Con i moderni computer, dove il problema di spazio di memoria sul disco rigido è molto relativo, possiamo caricare i così detti sound fonts, che sono degli spezzoni di registrazioni da strumenti veri, effettuate a diverse altezze, da cui il computer può attingere il timbro dello strumento in modo sempre più realistico che non dalla tavola sonora. Una buona raccolta di sound fonts potrà occupare mezzo Giga sul disco, cosa che nei computer moderni fa ridere, e darci la possibilità di ottenere suoni che possono anche non risultare più così finti.
Se poi evitiamo le parti solistiche, che sono le più impegnative da realizzare per le sfumature espressive che dovrebbero avere, e ci limitiamo ad accompagnamento ritmico e a qualche svolazzo di controcanto, possiamo ottenere risultati veramente notevoli: non per nulla le basi per karaoke sono quasi sempre realizzate e conservate su file MIDI, anche per un fatto di portabilità, di scambio veloce con posta elettronica e di velocità di download da Internet. Infatti il file MIDI, rispetto ad un file audio, occupa uno spazio veramente insignificante: contiene, infatti, non suoni digitalizzati ma caratteri in codice binario. Un file MIDI che contiene una canzone abbastanza elaborata difficilmente supera i 30 kB, quando la stessa canzone, su file audio non compresso, arriva tranquillamente a 30 MB (cioè 1.000 volte tanto). La differenza è che il file MIDI contiene istruzioni per costruire un suono, ma il suono non c’è, mentre il file audio contiene suono digitalizzato.
Fatta questa premessa, con la quale spero si sia capito qualche cosa su come si possa far fare musica a un computer, non ci resta che passare in rassegna quali programmi ci offra il mondo del software libero per questo scopo.
Le applicazioni che ho selezionato sono descritte nell’allegato file in formato PDF, scaricabile e stampabile, che contiene tutte le indicazioni per capire a cosa serve ciascun programma presentato, come possiamo procurarcelo e com’è il suo funzionamento di base.
I software presentati sono disponibili anche per i sistemi operativi Windows e OS X.
Per scaricare il file clicca sul suo nome qui sotto.