Lo scorso marzo, sotto il titolo “Software libero per la blockchain”, ho raccontato come il software che fa funzionare la prima applicazione della blockchain, la piattaforma Bitcoin, sia open source, talmente open che nemmeno si conosce esattamente chi abbia cominciato a scriverlo.
Ho anche indicato come chiunque possa procurarsi questo software e lo possa caricare sul suo computer diventando così un nodo della rete blockchain.
Open il software, open la rete in questa prima applicazione della blockchain, che qualcuno ha ormai battezzato Blockchain 1.0.
Da alcuni mesi, usciti dalla fase delle sperimentazioni, possiamo affermare che funzioni la Blockchain 2.0.
L’evoluzione tra le due concezioni sta nel fatto che, mentre la Blockchain 1.0 è aperta a chiunque, in gergo unpermissioned ledger, la Blockchain 2.0 si presta al governo delle partecipazioni, in gergo permissioned ledger. E’ questa evoluzione che segna e segnerà l’estensione inimmaginabile delle applicazioni della tecnologia blockchain non solo ad applicazioni pubbliche, dove tutti sono in grado di vedere tutto e potenzialmente tutti possono autorizzare le transazioni (mining), ma anche ad applicazioni private, dove sia possibile stabilire chi possa autorizzare e chi possa e cosa possa vedere.
Ovviamente è la seconda concezione quella più adatta ad applicazioni nel mondo degli affari, quello che sicuramente è il più predisposto a cogliere l’innovazione e che maggiormente contribuirà allo sviluppo delle applicazioni blockchain, almeno nell’immediato.
Il passaggio dalla Blockchain 1.0 alla Blockchain 2.0 ha richiesto un immane sforzo per l’adeguamento del software: la gestione delle permission, infatti, non è uno scherzo.
Ed è qui che si è avuta la più grandiosa manifestazione della potenza dell’open source: la piattaforma che ha reso possibili le prime applicazioni Blockchain 2.0 è infatti la Hyperledger Fabric, il cui sviluppo è stato promosso da IBM all’interno della Linux Foundation.
Tra l’altro è stato un bel modo di festeggiare il compleanno ventennale dell’open source: questo è infatti nato nel 1998 con l’uscita del codice sorgente del browser Netscape Navigator.
La Linux Foundation nasce una dozzina di anni fa per favorire e sostenere una crescita ordinata di Linux sul mercato. I primi progetti furono il Linux Standard Base, l’Open Printing, Data Center Linux, Carrier Grade Linux e altri, tutti destinati ad una standardizzazione nel mondo Linux, il cui kernel veniva utilizzato in svariate distribuzioni, ed all’accelerazione dell’ingresso di Linux nel mondo enterprise.
La serietà di intenti e la filosofia open source che ispirava l’iniziativa attrassero immediatamente l’attenzione di grandi operatori come IBM e Oracle, che furono gli apripista di quella che è diventata l’attuale nutrita schiera di sostenitori della Linux Foundation (ormai ne fa parte la stessa Microsoft) e che furono i primi a capire che, almeno per realizzazioni di natura “infrastrutturale”, la via da seguire è quella della collaborazione: ciò che, in tema di software, si chiama open source.
Hyperledger Fabric, da alcuni definito consorzio di innovazione, è la prima grande realizzazione ispirata a questi concetti.
Ovviamente non siamo in presenza di un pacchetto direttamente installabile sul nostro computer, come avviene per il software Bitcoin. Siamo in presenza di una piattaforma su cui potrà lavorare lo specialista che chiameremo a costruire la nostra applicazione blockchain privata. Ma, ancora, lo specialista lavorerà con software libero: infatti la programmazione degli smart contract che magari la nostra applicazione dovrà gestire avverrà con il linguaggio Go, quello che Google ha regalato al mondo del software libero. Ma già si sta lavorando affinché sia possibile utilizzare anche il linguaggio Java, ormai altrettanto libero.
Potenza del software libero!