Sul disco fisso del nostro computer abbiamo il sistema operativo, cioè una serie di file che servono per fare funzionare il computer stesso, abbiamo tutta una serie di programmi applicativi, quelli che servono per fare tantissime cose, come descritto nella serie di articoli sul software libero archiviati su questo blog e, infine, abbiamo i nostri dati: dati che possono essere file di lavoro, come quelli che contengono i conti della nostra azienda o di casa o che contengono la nostra tesi di laurea in corso di elaborazione, o file di archivio, come quelli che contengono raccolte di fotografie, di file musicali, di file video, di ebooks e quant’altro.
Tutto è ospitato, spazio permettendo, sul disco fisso: sistema operativo e programmi applicativi per definizione, file di lavoro per una evidente praticità e file di archivio, soprattutto se parliamo di un computer portatile, per la comodità di avere sottomano, ovunque ci troviamo, tutti i nostri archivi.
Se il disco fisso si rompe – e purtroppo capita, non solo per macchine vecchie – o se ci rubano il computer, perdiamo tutto.
Alla perdita del sistema operativo rimediamo installandone un altro sul nuovo disco fisso o sul nuovo computer; pure alla perdita dei programmi, sia pure con un bel po’ di lavoro se erano tanti, possiamo rimediare reinstallandoli. File di lavoro e file di archivio sono persi irrimediabilmente.
Se si rompe il sistema operativo, cioè se il computer non parte più, esistono modi e strumenti per recuperare i file di lavoro e i file di archivio presenti sul disco fisso prima che l’installazione di un nuovo sistema operativo rischi di cancellarli. Questo rischio è collegato al sistema operativo che andiamo ad installare e a come è organizzato il disco fisso: se il sistema operativo è Windows e tutti i file sono contenuti sul disco in una unica partizione l’installazione cancellerà tutto; se il sistema operativo è Linux – che, come ricordo sempre, è il migliore del mondo – con una certa abilità si potrebbe riuscire a salvare comunque i dati.
Fortunatamente tutti questi disastri o inconvenienti si possono evitare utilizzando software commerciali o liberi che ci aiutano, come si dice, a fare il backup delle nostre cose, praticamente ad avere su un disco diverso da quello inserito nel computer una copia di tutto. Un tempo si facevano i backup su disco floppy o ottico ma ormai le dimensioni dei dati da duplicare e il basso costo dei dischi fissi esterni o delle memorie flash su pennetta fa di uno di questi ultimi supporti quello ideale per ospitare i nostri backup.
Disco esterno o pennetta contenenti i backup andrebbero conservati in luogo diverso da quello in cui si trova il computer, ad evitare che un ladro o un incendio ci freghino computer e backup insieme: a questo proposito vengono molto bene le memorie di massa on-line messe a disposizione da provider di cloud computing.
Fortunatamente può capitare che il danno occorso ad un computer che non si avvia più non sia così grave da dover ricorrere a laboriosi ripristini: si può essere semplicemente cancellato o corrotto il file di boot o può essere intervenuta qualche altra banalità.
Paradossalmente è più difficile, per un dilettante, porre rimedio a questi piccoli inconvenienti che non a quelli più gravi, dove interviene il backup e il ripristino.
Modi e strumenti per fare questo e quello ci sono offerti in abbondanza dal mondo del software libero ed ho ritenuto utile richiamare quelli che mi sembrano i migliori nell’allegato manualetto in formato PDF, scaricabile e stampabile.
Categoria: software libero
Kdenlive sempre meglio, ma solo per Linux
Nel documento in formato PDF, intitolato “multimedialità.pdf”, allegato al mio articolo “Software libero per la multimedialità” archiviato nella categoria “Software libero” di questo blog, ho presentato il software Kdenlive (che sta per KDE non linear video editor).
Considero questo software il meglio che ci sia in circolazione per montare filmati di livello professionale partendo dal materiale più disparato, come video clip di vario formato e risoluzione, fotografie e immagini archiviate in formato fotografico.
Nel maggio 2015, quando ho scritto i richiamati documenti, mi riferivo ad una versione della serie 0.9. Proprio in quei giorni era uscita la versione 15.04.0, la prima del nuovo corso: gli sviluppatori di Kdenlive, da quella versione, cominciarono una numerazione seguendo lo stile della Canonical per Ubuntu (15 sta per anno 2015 e 04 sta per Aprile). Trattandosi di una novità, non solo sul piano della numerazione, a quel tempo ho preferito parlare di qualche cosa di più consolidato e stabile e mi sono riferito alla precedente edizione.
Da quel momento ho tuttavia seguito il nuovo corso e, in poco più di un anno, devo dire che l’intenso lavoro degli sviluppatori di Kdenlive ha prodotto qualche cosa di perfetto.
L’ultima versione è la 16.08.01, rilasciata qualche giorno fa (esattamente l’8 settembre 2016), ed è succeduta, ulteriormente perfezionandola, alla versione 16.08.00, rilasciata il 18 agosto 2016: nella comunità Kdenlive non si sono nemmeno fatte le ferie estive.
E’ una versione che sembra fatta apposta per Ubuntu 16.04 e per Linux Mint 18: temo, anzi, che su precedenti versioni di Ubuntu e di Linux Mint sia meglio affidarsi alla versione presente nel repository.
Per installarla su Ubuntu 16.04 o su Linux Mint 18, nei cui repository c’è una versione precedente, occorre digitare su terminale, con collegamento Internet attivo, quanto segue:
sudo add-apt-repository ppa:kdenlive/kdenlive-stable
sudo apt-get update
sudo apt-get install kdenlive
Purtroppo per chi non usa Linux, non ci sono tutte queste novità. Su MacPorts penso che la più recente versione disponibile per Mac OS X sia la 15.04. Per Windows occorre sempre ricorrere alla Virtual Box con una versione della serie 0.9. Pare comunque che gli sviluppatori di Kdenlive siano intenzionati a produrre, a breve, qualche cosa di bello anche per Windows.
La conclusione, per intanto, è che, per godere appieno dell’ultimo grido di Kdenlive dobbiamo avere il sistema operativo Linux: non dico di fare come me, che non uso più Windows da anni, ma almeno installiamo Linux di fianco a Windows sul nostro computer oppure mettiamolo su una chiavetta USB. Spiego come si può fare tutto questo nel manualetto “installazione_linux_mint_18_sarah.pdf” allegato al mio articolo “Benvenuta Sarah” pubblicato lo scorso Luglio su questo blog e archiviato nella categoria “Software libero”.
Ma vediamo cosa ci offre la nuova versione di Kdenlive.
Sul piano puramente estetico abbiamo la possibilità di scegliere tra alcuni temi e stili per l’interfaccia grafica: a me piace molto il tema Breeze Dark con lo stile Breeze.
Per quanto riguarda l’editing delle clip e il loro montaggio tutto rimane praticamente come prima e valgono i richiami e i suggerimenti che si trovano nel mio già citato documento “multimedialità.pdf”: unica bella novità la possibilità di scegliere le transizioni e le loro proprietà su elenchi che ai soliti nomi inglesi, a volte incomprensibili, abbinano piccoli schemi illustrativi che danno l’idea di che cosa produce la transizione che andiamo a scegliere.
La funzione di conversione del formato delle clip si è arricchita di alcune voci, tra cui le quattro DVD NTSC e PAL nei rapporti di aspetto 16:9 e 4:3, già presenti nelle precedenti versioni ma nascoste nella procedura di creazione del DVD.
Le più grosse novità, per un utente dilettante, riguardano il momento della produzione del risultato del montaggio: esportazione, o rendering, che dir si voglia. Il menu di scelta si è semplificato ed arricchito nello stesso tempo. Semplificato in quanto le opzioni ci vengono presentate in raggruppamenti tipologici, arricchito in quanto troviamo cose che non c’erano prima. I raggruppamenti sono:
– Generic (HD per il web, per computer e mobile) che ci offre i formati WebM, MP4 e MPEG-2;
– Ultra High Definition (4K) che ci offre i formati WebM-VP9 e MP4-H265;
– Old TV definition (DVD, ecc.) che ci offre i formati VOB per DVD, Flash, MPEG4-ASP/MP3 compatibile DivX e Windows Media Player;
– Losless HQ che ci offre i formati FFV1, H264 e HuffYUV.
Altra semplificazione riguarda il fatto che, una volta scelto il formato che ci interessa, non avremo più il problema di indicare separatamente i parametri per ottenere la qualità desiderata (bitrate, ecc.) ma ci basterà posizionarci in una delle cinque possibili tacche del cursore Quality: l’ultima corrisponde all’eccellenza, la quarta, penultima, corrisponde ad una qualità elevata e quella di mezzo, la terza, corrisponde ad una qualità buona ed accettabile: il tutto a bitrate variabile automaticamente governato dal programma. Con il risultato che i file prodotti saranno, a parità di qualità, meno pesanti, anche di molto: un filmato di un minuto codificato con un vecchio Kdenlive a bitrate fisso 2.000 in MPEG-4 pesava 16,2 MB; lo stesso prodotto con il nuovo Kdenlive a qualità elevata e bitrate variabile automatico in MP4 pesa 9,7 MB.
Questo formato MP4 (H264/AAC), peraltro definito da Kdenlive come “dominating format”, che corrisponde al formato MPEG-4 Part 14 e non al vecchio MPEG-4, è una delle grandi novità che troviamo nei Kdenlive di ultima generazione: è un contenitore che, a parità di qualità, abbatte notevolmente il peso dei file, solo facendoci pagare tutto ciò con un minimo allungamento del tempo richiesto dal rendering.
Altra grande novità la comparsa dei formati per l’Ultra HD 4k.
Come sempre, per i maghi che conoscono i segreti della piattaforma MLT (Media Lovin’ Toolkit) su cui si basa Kdenlive, esiste la possibilità di programmare profili di produzione personalizzati.
Siamo peraltro in presenza di un software che ha il vantaggio di porsi alla portata del dilettante ma che non fa mancare nulla al professionista.
Il grande difetto di questo mondo MLT è la scarsità di documentazione. Lo stesso manuale Kdenlive presente sul sito da cui possiamo scaricare la versione 16.08.01 è fermo ad una versione vecchia di almeno otto mesi.
Ricordiamo, comunque, che siamo in presenza di software libero, prodotto da appassionati volontari e che, nonostante ci offra ciò che troviamo in costosissimi software commerciali professionali, non ci costa nemmeno un euro.
Benvenuta Sarah
Era stato promesso per giugno ed è arrivato in extremis, il 30 giugno, il rilascio di Linux Mint 18, chiamato Sarah.
Ci viene offerto nelle due versioni di ambiente desktop Mate e Cinnamon, quest’ultimo più di casa per la comunità Mint e mio preferito, e nelle due versioni a 32 e 64 bit.
Non potevo ignorare l’avvenimento in quanto Linux Mint è quella che considero la migliore distribuzione Linux esistente: mi rendo conto che si tratta in gran parte di una questione di gusto ma c’è anche un apprezzamento per alcune doti non secondarie, come l’accuratezza con la quale tutto il sistema viene assemblato, con tutte la traduzioni che servono, e tante piccolezze che ti danno la sensazione di una cosa curata nei minimi particolari.
Rispetto a papà Ubuntu inoltre, soprattutto da quando è là subentrato l’ambiente desktop Unity, è molto più facilmente personalizzabile per quanto riguarda l’organizzazione del menu.
Ma lasciamo questi aspetti, che, ammetto, sono più estetici che di sostanza.
La sostanza è che Mint 18, Sarah, è basato su Ubuntu 16.04 LTS e godrà pertanto di un supporto quinquennale di assistenza e di aggiornamenti.
Il kernel Linux è il 4.4.
I requisiti hardware per un funzionamento ottimale sono simili a quelli richiesti da Ubuntu 16.04 (1 GB di RAM, risoluzione schermo 1024×768); Sarah si comporta tuttavia molto bene anche con 512 MB di RAM e si fa vedere anche con risoluzione schermo 800×600 (premendo ALT si può eventualmente trasportare la finestra in modo da vedere anche cose che potrebbero rimanere fuori dallo schermo). Sono pertanto requisiti più da Xubuntu che da Ubuntu e li troviamo soddisfatti anche su computer vecchiotti.
Possiamo scaricare l’immagine ISO da qui : la versione a 32 bit occupa 1,6 GB e la versione a 64 bit occupa 1,7 GB. Per la masterizzazione dell’immagine occorre pertanto un DVD.
Sullo stesso sito, se non siamo attrezzati per un ragionevolmente rapido download, possiamo acquistare il DVD già masterizzato spendendo attorno agli 11 dollari, per metà dovuti alle spese di spedizione, e nel giro di una settimana avremo in casa il disco.
Il disco, masterizzato da noi con l’immagine scaricata o acquistato già masterizzato, ci offre la possibilità di provare il sistema operativo e, se ci piace, soprattutto se vediamo che funziona sul nostro computer, di installarlo.
Per utilizzare il disco occorre avviare il computer con il disco inserito. Nel caso non succeda nulla di diverso dal solito, cioè nel caso il computer si accenda presentandoci il sistema operativo consueto, vuol dire che esso non è configurato in modo da prendere il boot da CD/DVD ed allora dobbiamo predisporlo in tal senso intervenendo sul BIOS secondo la procedura ben descritta nell’articolo che troviamo qui .
Se invece tutto va bene, con la lentezza dovuta alla necessità di leggere e caricare dati nella RAM del computer dal DVD, dopo qualche minuto potremo ammirare il desktop di Linux Mint 18, Sarah, pienamente funzionante.
Scorrendo il menu vediamo che abbiamo già quanto serve per fare praticamente di tutto sul PC.
Per l’ufficio abbiamo un lussuoso LibreOffice 5 completo e un lettore di PDF.
Per Internet abbiamo il browser Firefox e il server di posta Thunderbird.
Per la grafica abbiamo il superlativo GIMP per la manipolazione di immagini, oltre ad un semplice visualizzatore di immagini e ad un visualizzatore/organizzatore di immagini, molto spartani ma efficienti.
Per l’audio/video abbiamo un lettore/organizzatore di media musicali, un riproduttore di video e un software per la masterizzazione di CD/DVD.
A proposito di media, l’immagine di base del sistema operativo scaricata o che troviamo masterizzata sul DVD, a differenza di quanto avveniva in precedenti edizioni di Mint, non contiene alcun codec (il software che serve per riconoscere i vari formati di file multimediali) e pertanto i riproduttori di media installati non riproducono nulla fino a quando non avremo installato i codec.
Per farlo intanto che proviamo il sistema, essendo collegati a Internet, andiamo nel menu Sound & Video e scegliamo Install Multimedia Codecs.
Sempre in sessione di prova possiamo anche installare, essendo collegati a Internet, altri programmi da sperimentare: basta che andiamo nel Software Manager cliccando sulla relativa icona nella schermata del menu.
Teniamo conto del fatto che tutto ciò che installiamo durante la sessione di prova, dai codec ai programmi, è volatile e lascia inalterato il nostro DVD. Pertanto, una volta spento il computer, al successivo rilancio del sistema con il DVD di tutte le nostre installazioni precedenti non ci sarà alcuna traccia.
Tutto ciò serve a dire che, se vogliamo veramente utilizzare il nostro Linux Mint 18 Sarah, non possiamo certamente farlo con il DVD ma dobbiamo installarlo sul disco fisso del computer o su una pennetta USB, supporti che, tra l’altro, renderenno molto più veloce e fluido lavorare rispetto a farlo con il sistema caricato da DVD.
Soprattutto, i nuovi programmi che installeremo e tutti i nostri file rimarranno permanentemente installati e li ritroveremo alla riaccensione del sistema.
A chi voglia fare il passo offro nell’allegato file PDF, scaricabile e stampabile, un manualetto da seguire per il non difficile ma nemmeno banale procedimento di installazione. Per quanto ovvio, dal momento che durante l’installazione si possono compiere errori le cui conseguenze comportano la perdita di dati o di sistemi operativi, declino ogni responsabilità mi si volesse imputare e raccomando a chi voglia avventurarsi un preventivo backup su supporto esterno del sistema su cui si andrà ad operare: almeno una copiatura dei propri file di lavoro o di archivio dal disco fisso ad un supporto esterno.
Una volta installato Linux Mint 18 Sarah lo si potrà arricchire seguendo le proposte che si trovano in tutta la serie di articoli archiviati in questo blog nella categoria Software libero.
Buon Linux.
Matematica e statistica con Calc
Sono parecchi i software dedicati alla matematica ed alla statistica.
Da appassionato di software libero non posso non citare Maxima (con il suo semplificante ad interfaccia grafica wxMaxima) e Gretl. Maggiori riferimenti su questi software si trovano nel file PDF allegato al mio articolo “Software libero per calcolare” pubblicato in questo blog e archiviato nella categoria “software libero”. Senza nulla togliere, ovviamente, ai vari Scilab, Matlab, Derive, ecc.
Con questi software si può fare proprio tutto.
Con un foglio di calcolo, come Calc, non possiamo fare tutto: per esempio non possiamo fare calcolo simbolico ma dobbiamo trattare solo numeri. Il che, comunque, non è poco; anche perché, nel tempo, i fogli di calcolo si sono arricchiti di formule e funzioni che ci permettono di compiere analisi numeriche veramente interessanti e sofisticate, molto spesso con difficoltà inconsistenti.
Proprio l’abbondanza di formule e funzioni contenute nei moderni fogli di calcolo mi ha spinto a proporre la selezione contenuta nel lavoro allegato, tendente a far emergere quali siano le più interessanti e proficue in relazione ad alcune delle più ricorrenti finalità dell’analisi numerica.
Gli esperti – e ce ne sono sicuramente tanti più di me – molto probabilmente non troveranno qui nulla che già non sappiano.
I neofiti, siano essi studenti o dilettanti, troveranno invece certamente qualche cosa di utile e scopriranno quanto troppo spesso sia sottoutilizzato quel formidabile strumento che è il foglio di calcolo.
Il foglio di calcolo, chiamato anche foglio elettronico (in inglese spreadsheet), nasce da un’idea del professore universitario Dan Bricklin poi concretizzatasi, con l’aiuto di Bob Frankston, nel prodotto VisiCalc reso disponibile nel 1979 per il computer Apple II e nel 1981 per il PC IBM.
A partire dal 1983 VisiCalc fu soppiantato da un prodotto della Lotus, chiamato 1-2-3, molto più compatto e veloce, poi incluso anche nella suite per ufficio Symphony.
Nel frattempo IBM dotava i propri PC con sistema operativo DOS della serie Assistant, una suite per ufficio che conteneva una sorta di foglio di calcolo molto rudimentale, Planning Assistant.
Tutto venne sbaragliato con il rilascio, il 30 settembre 1985, di Microsoft Excel da parte della Microsoft Corporation. Il successo di Excel fu in gran parte dovuto al fatto di essere il primo foglio di calcolo che si adattava al neonato ambiente operativo Windows del sistema operativo MS-DOS.
Nel frattempo si sono susseguiti altri tentativi di produzione di software di questo tipo.
Nel 1988 ci provò la Borland con Quattro, poi divenuto Quattro Pro, finito nella suite WordPerfect della Novell e finalmente nella suite WordPerfect Office della Corel.
Nella stessa epoca vede la luce il foglio elettronico Calc incluso nella suite StarOffice, sviluppata dalla tedesca StarDivision poi acquisita dalla Sun Microsystem che, nel 2000, rilasciò i sorgenti di StarOffice alla comunità open source dando così vita al progetto OpenOffice. Da questo ceppo nascono i fogli di calcolo oggi inclusi nelle suite Apache OpenOffice, LibreOffice e NeoOffice, specificamente dedicata a Mac OS X, tutte rilasciate con licenza libera. Il foglio Calc di queste suite è in tutto equivalente a Microsoft Excel, con il quale può interscambiare i file.
Il mondo del software libero open source, a partire dal 1998, ha sviluppato e mantiene tuttora un altro foglio di calcolo, Gnumeric, in tutto simile ai citati più evoluti, con la sola eccezione che gli manca la funzione per elaborare tabelle pivot.
Il testo allegato fa esclusivo riferimento al foglio Calc di LibreOffice e gli utenti di Excel, se avranno la pazienza di leggerlo, si accorgeranno che Calc non ha assolutamente nulla da invidiare a Excel, anzi…
Rammento che Calc di LibreOffice è identico a Calc contenuto in OpenOffice e che tutti questi software liberi si possono scaricare facilmente da Internet e sono disponibili per tutti i sistemi operativi per PC, Linux, Mac OS X e Windows.
Il file PDF allegato è liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Software libero
Per approfondire la filosofia del software libero, basta consultare le voci “software libero”, “gnu gpl” e “linux” su Wikipedia.
Visto, però, che ho intenzione di presentare programmi di software libero che servono a fare tante cose, voglio dire qualche cosa anch’io sul software libero in generale.
La dizione “software libero”, al di là delle sofisticate distinzioni che si possono fare tra software libero e software open source, allude a quei programmi per computer che si possono scaricare liberamente da Internet o avere da un amico senza andare incontro ad alcuna complicazione su diritti d’autore o limitazioni d’uso. Di più: del software libero sono disponibili anche i file sorgente, cioè i file che servono per produrre (codificare) i programmi che vengono utilizzati, in modo che chiunque conosca il linguaggio di programmazione con cui sono stati costruiti li possa modificare per renderli più funzionali, per arricchirli, ecc. Il tutto sotto la protezione della licenza GNU/GPL (Gnu Not Unix/General Public License) secondo la quale il software modificato può essere distribuito solo alle stesse condizioni, cioè che ne rimanga disponibile il sorgente a sua volta modificabile.
Si tratta generalmente di software distribuito gratuitamente, anche se Richard Stallman, il padre della filosofia del free software che noi traduciamo in software libero, avverte sempre che l’aggettivo free usato in questo contesto significa libero e non gratuito: avvertimento necessario per la lingua inglese, dove free significa entrambe le cose. A volte il distributore, che spesso è anche l’autore del software, invita l’utente che ritenga utile il programma a fare un’offerta: e sempre se la meriterebbe.
Ma, ci si chiede, chi è che lavora su questo software libero rinunciando a guadagnare per ciò che fa o affidandosi al buon cuore di chi lo utilizza?
Uno è sicuramente Linus Torvalds, che si è “divertito” – come dice lui – a creare il primo kernel del sistema operativo Linux (dal nome Linus del suo creatore e Unix, che è il sistema da cui è stato derivato) e, invece di brevettarlo, lo ha dato in pasto al mondo del software libero perché tutti ci lavorassero per farlo diventare migliore: ed è diventato, a parere non solo mio, il miglior sistema operativo che esista. Ben riepilogava Nelson Mandela lo spirito di Ubuntu, una delle più complete distribuzioni Linux sponsorizzata dal sudafricano Mark Shuttleworth, dicendo «Ubuntu non significa non pensare a se stessi; significa piuttosto porsi la domanda: voglio aiutare la comunità che mi sta intorno a migliorare?»
Peraltro una componente di divertimento la ritroviamo anche nel nome Debian della distribuzione Linux da cui deriva Ubuntu: Debian proviene da ian, nome del suo creatore Ian Murdock, preceduto dalle prime tre lettere del nome della sua fidanzata Debra.
C’è chi brevetta e c’è chi si diverte a diffondere conoscenza e utilità e che a roboanti marchi di fabbrica preferisce divertenti nomignoli.
Purtroppo il fatto che si tratti di qualche cosa che si può avere con poca spesa o addirittura gratis fa sì che non lo si trovi nei negozi e suscita diffidenza.
Per ovviare al primo inconveniente, che non lo si trovi nei negozi, mi sono proposto di fare molti articoli per descrivere e indicare come procurarsi software libero per fare moltissime cose.
Quanto alla diffidenza, essa è assolutamente ingiustificata: il software libero, infatti, a causa dei moti collaborativi che scatena, gode nel tempo di tali e tanti perfezionamenti da raggiungere in breve un’affidabilità totale, a volte insuperata.
La stragrande maggioranza dei programmi di software libero, almeno di quelli che mi propongo di presentare, è reperibile in versioni che girano su tutti i tre sistemi operativi che fanno funzionare i personal computer: Linux, Windows e Mac OS X.
Per chi volesse entrare completamente nel mondo del software libero sarebbe d’obbligo la scelta del sistema operativo Linux. Tra le tante distribuzioni esistenti, quelle che ritengo più semplici da installare e che hanno il non secondario vantaggio di essere fruibili completamente in lingua italiana sono Linux Ubuntu e Linux Mint, che ne è una derivata. Senza nulla togliere all’ottima SUSE Linux e, ovviamente, alla madre Debian, dalla quale è derivato Ubuntu.
A differenza di quanto avviene con i sistemi operativi Windows e OS X, che prima di cominciare l’installazione cancellano dal disco fisso del computer qualsiasi cosa, quando installiamo Linux ci viene innanzi tutto chiesto se vogliamo installarlo come unico sistema operativo oppure se preferiamo affiancarlo ad altri sistemi operativi che già abbiamo sul computer: la libertà del software libero comincia rispettando la libertà degli altri. All’accensione del computer ci verrà chiesto con quale sistema intendiamo lavorare. Ciò significa che potremmo tranquillamente installare Linux mantenendo il nostro Windows e, se usiamo Ubuntu, il nostro OS X.
Il vantaggio di entrare nel mondo Linux è quello di trovare installato sul computer un programma di gestione delle applicazioni che ci propone migliaia di programmi di software libero che, essendo collegati a Internet, possiamo scaricare ed installare con un click.
Chi non voglia fare il passo verso Linux non avrà comunque alcuna difficoltà a procurarsi i programmi e ad installarli: ovviamente con l’avvertenza di scegliere le versioni dei programmi adatte al proprio sistema operativo.
Viene da chiedersi come mai quando acquistiamo un computer non ci sia preinstallato il sistema Linux. La risposta è semplice: con il software libero non si fanno i soldi, con il software così detto commerciale che si aggrega attorno a mamma Microsoft si fanno i soldi. A parte il caso della Apple che fa i soldi non tanto con il software ma con una serie di prodotti di eccellenza che contengono anche il software (tra l’altro cugino stretto di Linux).
Software libero per scrivere
Una delle tante cose che il computer ci consente di fare in maniera ormai prossima alla perfezione è quella di produrre documenti, documenti di tutti i tipi: da semplici relazioni a complicati articoli scientifici pieni di formule matematiche, da pieghevoli illustrativi a fascicoli rilegabili, da spartiti musicali a libri pronti per essere stampati.
Si potrebbe pensare che tutto ciò richieda chissà quali macchine e chissà quali investimenti in software.
Non è così: basta un normalissimo computer di media potenza e basta installare alcuni software che possiamo scaricare gratuitamente da Internet.
E’ la magia del software libero: non sto parlando di scaricare gratuitamente software taroccato ma software originale rilasciato sotto licenza libera GNU GPL e prodotto da una comunità di programmatori liberi, che fanno questo lavoro per divertirsi e per aiutare gli altri.
Se qualcuno vuole approfondire la conoscenza della filosofia del software libero può consultare le voci “software libero”, “gnu gpl” e “linux” su Wikipedia.
Qui vorrei solo mettere a disposizione una mia rassegna di software liberi realizzati per produrre documenti, dai più semplici ai più impegnativi.
Si tratta di un file in formato PDF, scaricabile e stampabile, dove si trovano tutte le indicazioni per capire a cosa serve ciascun programma presentato, come possiamo procurarcelo e com’è il suo funzionamento di base.
I software presentati, anche se spesso il loro ambiente nativo è Unix/Linux, sono disponibili anche per i sistemi operativi Windows e OS X.
Per scaricare il file clicca sul suo nome qui sotto.
Software libero per calcolare
Per una cosa che si chiama computer o, come potremmo tradurre nella nostra lingua, calcolatore il compito più naturale è quello di fare calcoli.
E bisogna riconoscere che, se istruito bene, il computer fa dei calcoli strabilianti: soprattutto li fa praticamente in tempo reale. Senza la velocità di calcolo del computer non sarebbe possibile fare alcune bellissime cose, come quella di navigare nello spazio.
E anche computer con potenza relativamente bassa possono fare grandi calcoli. Esiste addirittura una leggenda metropolitana che afferma come la potenza di calcolo utilizzata per condurre l’uomo sulla luna fosse quella di un Commodore 64, poco più che un computer giocattolo di qualche decennio fa: non è esattamente così, ma è pur vero che i personal computer che abbiamo oggi, addirittura i tablet o i telefonini detti smartphone, come i loro predecessori computer palmari, sono enormemente sovradimensionati con riguardo a quanto serve per fare calcoli.
La cosa più importante e delicata è il software, cioè l’insieme di istruzioni che diamo al computer perché faccia i calcoli che ci servono; insieme di istruzioni che vanno da come il computer deve leggere i dati di ingresso che gli vengono forniti, a quali elaborazioni ed algoritmi esso deve sottoporre quei dati e finalmente a come ci deve fornire i risultati di queste elaborazioni.
La delicatezza del software di calcolo sta nel fatto che, mentre altri tipi di software per scrivere, per disegnare, per creare suoni, ecc., se fatti male, o non girano del tutto o forniscono risultati visibilmente sbagliati o non accettabili, il software di calcolo può fornire risultati sbagliati che noi prendiamo per buoni, molto spesso non avendo modo di capire che sono sbagliati.
Se un computer ci dice che il risultato di 2 + 2 è 5 comprendiamo che il computer ha sbagliato perché sappiamo altrimenti il risultato, tanto che avremmo fatto a meno di disturbare il computer per ottenerlo. Ma se un computer ci dice che per estinguere un prestito di 1.000 euro con 12 rate mensili costanti posticipate al tasso del 2% annuo occorrono 12 rate mensili di 84,23 euro, o ci fidiamo o rifacciamo il conto con un altro computer e con un altro programma. Se poi otteniamo un risultato diverso vai a stabilire chi ha ragione.
Alcune disavventure generate utilizzando il linguaggio di programmazione C hanno per esempio indotto il Dipartimento della Difesa americano ad avviare lo sviluppo del linguaggio di programmazione Ada, che deriva dal C ma ne evita alcune trappole infernali e viene ancora oggi usato in molti contesti in cui il corretto funzionamento del software è critico, come sistemi di controllo di velivoli, del traffico aereo e software aerospaziale.
Il software libero offre ai matematici ed agli scienziati compilatori o interpreti per tutti i linguaggi di programmazione in modo da fornire la possibilità di ottenere dal computer qualsiasi genere di calcolo attraverso istruzioni dirette finalizzate alla soluzione dei più svariati tipi di problema.
Tutto senza trascurare l’offerta di software già predisposti per determinati tipi di calcolo, più agevoli da utilizzare in quanto non richiedono la conoscenza di linguaggi di programmazione.
Qui vorrei mettere a disposizione una mia rassegna di software liberi di quest’ultimo tipo, tutti stracollaudati e fornitori di risultati perfetti.
Si tratta di un file in formato PDF, scaricabile e stampabile, dove si trovano tutte le indicazioni per capire a cosa serve ciascun programma presentato, come possiamo procurarcelo e com’è il suo funzionamento di base.
I software presentati, anche se spesso il loro ambiente nativo è Unix/Linux, sono disponibili anche per i sistemi operativi Windows e OS X.
Per scaricare il file clicca sul suo nome qui sotto.
Software libero per gestire dati
I francesi lo chiamano ordinateur: evidentemente riconoscono di più la sua capacità di immagazzinare e ordinare dati rispetto a quella di calcolare, come fanno gli anglosassoni, che lo chiamano computer o noi, che, almeno le poche volte che lo denominiamo usando la nostra lingua, lo chiamiamo calcolatore elettronico.
In effetti, se pensiamo all’uso che se ne fa in campo scientifico e pensiamo all’uso che se ne fa in campo amministrativo-contabile-commerciale, dobbiamo dire che nel primo caso abbiamo probabilmente l’applicazione più nobile del calcolo, che ci aiuta a capire e a risolvere problemi, ma nel secondo abbiamo sicuramente l’applicazione più massiccia della gestione di dati, che ci aiuta a tenere ordine nelle nostre cose.
Dobbiamo anche dire, riferendoci al mondo degli utilizzatori di personal computer, che questo strumento non ha praticamente limiti nell’eseguire calcoli ma deve lasciare il posto a qualche cosa d’altro quando si tratta di gestire grandi moli di dati. Dietro allo sportello Bancomat, a controllare in un paio di secondi il nostro codice segreto e a controllare che abbiamo disponibile ciò che vogliamo prelevare scorrendo un database di milioni di posizioni, non ci può certo essere soltanto un personal computer.
Anche nel campo della gestione dei dati, comunque, il personal computer può fare parecchio. Ovviamente con il software adatto.
Qui vorrei appunto mettere a disposizione una mia rassegna di software liberi adatti per creare e gestire basi di dati.
Si tratta di un file in formato PDF, scaricabile e stampabile, dove si trovano tutte le indicazioni per capire a cosa serve ciascun programma presentato, come possiamo procurarcelo e com’è il suo funzionamento di base.
I software presentati sono disponibili per i sistemi operativi Linux, Windows e OSX.
Per scaricare il file clicca sul suo nome qui sotto.
Software libero per comunicare
La storia della comunicazione cataloga tre rivoluzioni avvenute nel modo di comunicare tra di noi: la rivoluzione chirografica (quella avvenuta quando abbiamo cominciato a scrivere sui più svariati materiali, quattromila anni prima di Cristo), la rivoluzione gutenberghiana (quella avvenuta quando abbiamo cominciato a stampare su carta, verso la metà del quindicesimo secolo) e la rivoluzione elettrica/elettronica (quella legata a telegrafo, telefono, radio e televisione, avviatasi a metà del diciannovesimo secolo con l’invenzione del telegrafo ed esplosa a metà ventesimo secolo con la televisione).
Dalla metà dell’ultimo decennio del ventesimo secolo siamo in piena rivoluzione digitale e la storia non ne parla ancora.
Ormai qualsiasi cosa vogliamo trasferire da una conoscenza all’altra, si tratti di un testo, di un suono, di una immagine, di un filmato, può essere trasformata in un segnale digitale (codificata in una serie di digit 0 o 1) che viene trasmesso e, alla ricezione, viene decodificato e reso quello che era prima della codifica. La trasmisssione, praticamente in tempo reale anche a distanze antipodali, avviene grazie ad una fittissima rete interconnessa a ragnatela che avvolge il globo su cui viviamo: Internet.
Codifica e decodifica avvengono utilizzando un computer che, collegato alla rete, funge da apparato trasmittente e da apparato ricevente.
Fino alla diffusione a prezzi ragionevoli di personal computer queste comunicazioni in rete erano riservate ad uffici governativi, centri di ricerca e università.
Con la diffusione dei personal computer è diventato un fenomeno abbastanza di massa.
Con la diffusione di quei piccoli computer che chiamiamo tablet e di quei minuscoli computer che chiamiamo smartphone è diventato un delirio.
C’è chi vede solo gli aspetti negativi di questo delirio. Io penso che l’imbecillità, se c’è, si diffonde con le tavolette, con gli incunaboli, con i libri, con la radio e con la televisione: certo è che, più aumentano i potenziali diffusori e più sono accessibili i mezzi di diffusione, più se ne diffonde.
Sicuramente sono tanti anche gli aspetti positivi. E credo siano in misura superiore di quelli negativi e che, a differenza di questi ultimi, soprattutto legati a mode passeggere, siano più di sostanza e destinati a durare nel tempo.
Internet è nata ed ha avuto il primo utilizzo in campo pubblico: la sua struttura proviene da ARPANET, che era una rete di computer studiata e realizzata nel 1969 dal Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, il linguaggio a marcatori per ipertesti html usato per la formattazione e l’impaginazione di documenti ipertestuali per il web è stato sviluppato verso la fine degli anni ottanta del ventesimo secolo presso il CERN di Ginevra assieme al protocollo http dedicato al trasferimento di documenti in tale formato, il primo grande utilizzo della rete venne sviluppato per i collegamenti tra centri di ricerca e università.
Tutto ciò ha fatto sì che, al momento della diffusione di massa di questo nuovo modo di comunicare, esistessero già gli strumenti software di base sviluppati al di fuori da logiche commerciali e la conseguenza è che i software che hanno a che fare con Internet ce li possiamo procurare gratuitamente.
Mai come in questo caso, però, vi può essere confusione tra software libero e software gratuito. Come ricorda sempre Richard Stallman, il guru del software libero, free, riferito al software, significa libero e non gratuito e, pertanto vale anche dire che gratuito non significa libero.
Ad evitare che Richard Stallmann, se mai leggerà questo documento, mi tiri le orecchie – come è abituato a fare – mi limiterò a segnalare solo applicazioni veramente di software libero, cioè rilasciate secondo la licenza GNU/GPL.
Le applicazioni sono segnalate nell’allegato file in formato PDF, scaricabile e stampabile, che contiene tutte le indicazioni per capire a cosa serve ciascun programma presentato, come possiamo procurarcelo e com’è il suo funzionamento di base.
I software presentati, anche se spesso il loro ambiente nativo è Unix/Linux, sono disponibili anche per i sistemi operativi Windows e OS X.
Per scaricare il file clicca sul suo nome qui sotto.
Software libero per il disegno e la grafica
Il disegno e la grafica non erano trattati con il computer prima dell’avvento del personal computer. Non abbiamo pertanto, come avviene per i software di scrittura e di calcolo, precedenti nel mondo Unix dai quali sia stato possibile sviluppare software liberi un po’ in posizione di rendita.
Il software libero che abbiamo in questo campo si è dovuto guadagnare proprio tutto lo spazio che ha conquistato e, questa volta, occorre riconoscere che software commerciali della Adobe Systems (come Photoshop e Illustrator) e della Autdesk (AutoCAD) marcano qualche punto in più rispetto ai loro equivalenti nel software libero sviluppati alcuni anni dopo (rispettivamente GIMP, Inkscape e LibreCAD): in ogni caso ci siamo molto vicini e, sul piano economico, si risparmia parecchio.
Soprattutto le differenze sono rilevabili a livelli di alta e sofisticata professionalità, non certo al livello dilettantistico evoluto sul quale colloco questo articolo.
Le applicazioni che ho selezionto sono descritte nell’allegato file in formato PDF, scaricabile e stampabile, che contiene tutte le indicazioni per capire a cosa serve ciascun programma presentato, come possiamo procurarcelo e com’è il suo funzionamento di base.
I software presentati, anche se spesso il loro ambiente nativo è Linux, sono disponibili anche per i sistemi operativi Windows e OS X.
Per scaricare il file clicca sul suo nome qui sotto.