Ho un nipote che ha recentemente avviato un corso universitario di informatica durante il quale verrà utilizzato il linguaggio C++.
L’insegnante ha consigliato gli allievi di dotarsi di un sistema operativo Linux e, per quanto riguarda il linguaggio C++, dell’editor Visual Studio Code.
Mentre trovo lodevole il primo consiglio non riesco a comprendere la logica del secondo.
Non mi pare infatti giusto mischiare il più bel sistema operativo del mondo con un software Microsoft, che sarebbe ormai meglio chiamare Macrosoft, visto che tutto quello che esce da questa azienda è inutilmente gigantesco e richiede sempre più risorse (da qui, ovviamente, la preinstallazione di Windows su tutti i personal computer: dopo due/tre anni di sistema operativo Windows o sei un mago o cambi il computer).
Anche perché, nel caso specifico, c’è un’ottima alternativa che si chiama Code::Blocks.
Rispetto a Visual Studio Code, che, già pesante per sé stesso, per darci la code completion deve essere ulteriormente arricchito dell’estensione C/C++, occupa meno di un decimo dello spazio su disco, richiede metà RAM, fa la code completion senza bisogno di estensioni e, con qualche estensione, può fare molte cose di più di ciò che fa Visual Studio Code.
A questo gioiello dedico l’allegato manualetto, liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Autore: vittorio
Intelligenza artificiale libera
Il 2023, che sta per finire, è stato l’anno in cui si è creata la diffusa consapevolezza dell’esistenza dell’intelligenza artificiale.
Da tempo esistono robot più o meno “intelligenti”, da tempo esistono automobili che correggono lo sterzo se ci avviciniamo troppo alla riga bianca senza avere attivato la freccia, ma, nell’era delle chat, ci voleva un robot che chattasse con noi per dimostrare al di là di ogni dubbio che l’intelligenza artificiale è con noi.
Indubbiamente l’azione dei robot e la correzione dello sterzo possono essere visti come perfezionamenti di automatismi su base meccanica che nulla hanno a che vedere con l’intelligenza artificiale, anche se non è vero.
Ma quando siamo di fronte ad una macchina che risponde a una nostra domanda, ad una macchina che trasmette pensiero, non abbiamo più dubbi che si tratti di intelligenza e persino tendiamo a dimenticare che si tratta comunque di intelligenza artificiale, frutto di elaborazioni in tutto simili a quelle da cui deriva la correzione dello sterzo.
Si scatenano in questo modo discussioni che portano fuori dalla realtà e allarmismi esagerati su ciò che potrà succedere.
Ma non voglio parlare di questo, anche perché c’è chi lo fa meglio di me. Basti leggere il gustosissimo libro, da poco uscito, “In principio era ChatGPT” di Mafe de Baggis e Alberto Puliafito, edito da Apogeo.
Per parte mia, in questo blog dedicato al software libero, vorrei solo presentare alcune realizzazioni di intelligenza artificiale basate su software open source e lo faccio nell’allegato opuscolo, liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Grafica con Red
Lo scorso mese di ottobre ho proposto un manualetto che illustra le basi del nuovo linguaggio di programmazione Red, limitandomi a come si possano produrre con questo linguaggio programmi console, cioè eseguibili avendo come interfaccia il terminale.
Ma con Red possiamo fare molto anche, e probabilmente molto di più, in campo grafico, sia per arricchire i nostri programmi di interfaccia utente grafica (GUI) sia per disegnare.
A questo dedico l’allegato manualetto, liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Red: un linguaggio rivoluzionario
Lo scorso mese di settembre ho parlato di uno dei più vecchi linguaggi di programmazione, il linguaggio LISP.
Oggi parlo dell’ultimo nato, anzi di un linguaggio che, nonostante il suo creatore ci lavori da oltre un decennio, è tuttora in gestazione e non ha ancora avuto un rilascio definitivo stabile: il linguaggio Red.
Dal momento che pare siamo alla vigilia di questo rilascio e che quanto è già disponibile ci consente di capire che cosa ci aspetta e di divertirci a fare qualche programmino, dedico l’allegato manualetto al funzionamento di base di questo rivoluzionario linguaggio.
Come sempre il manualetto è liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Ancora Lisp
In questo blog ho parlato di Lisp in un paio di occasioni.
La prima, nel maggio 2015, con il post dal titolo “Lisp sempreverde”, nel quale ho presentato una versione abbastanza recente del Lisp, Newlisp, in maniera molto sommaria.
A questa superficialità ho cercato di rimediare nell’ottobre 2019 con il post dal titolo “Newlisp”, con allegato un manualetto in cui si spiega meglio questa bellissima e facile versione del Lisp, che rende meno faticoso avvalersi di uno dei più vecchi e originali linguaggi di programmazione.
Visto che si tratta del linguaggio che, concepito per l’intelligenza artificiale, ancora non ha rivali degni di nota in questo campo sempre più in fermento, sento il dovere di proporre nel manualetto allegato una descrizione del funzionamento di una delle più diffuse e utilizzate versioni del Lisp, il Common Lisp, che è il più legittimato erede del Lisp originario.
Come sempre il manualetto è liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
AV Linux sempre meglio
Con il mio articolo “AV Linux alla riscossa”, pubblicato su questo blog nel marzo 2020, esprimevo il mio compiacimento per la scoperta di un rilascio del sistema operativo AV Linux del 2019 che riscattava un passato in cui quel sistema era pieno di difetti ed era surclassato da Ubuntu Studio e da KXStudio.
Sto parlando dei sistemi a bassa latenza che il mondo Linux mette a disposizione di chi fa multimedialità, soprattutto musica.
Subito dopo la pubblicazione di quell’articolo è stata abbandonata la riproposizione di KXStudio e le perle di questa distro sono confluite nel grande repository Debian, rendendosi disponibili per i due restanti sistemi a bassa latenza Ubuntu Studio e AV Linux, entrambi basati, appunto, su Debian.
Ho parlato di questo in un altro articolo “Benvenuto Ubuntu Studio”, pubblicato su questo blog nel maggio 2020, in occasione del rilascio di Ubuntu Studio 20.4.
Nel frattempo Ubuntu Studio, che ha compiuto i 15 anni di vita nel 2022, ha continuato ad aggiornarsi in parallelo al rilascio delle distro Ubuntu e, proprio alla fine di quel 2020 cui risalgono i citati articoli, ha abbandonato il tradizionale desktop xfce per vestirsi con il desktop KDE: lavorare oggi in Ubuntu Studio è come lavorare nel compianto KXStudio.
Rimane sempre una distro fin troppo ricca, pesante, che occupa oltre 12 GB alla prima installazione e la cui immagine ormai non entra più su un DVD, superando i 5 GB.
Anche AV Linux si è aggiornato e attualmente si chiama AV Linux MX, essendosi appoggiato all’ottimo e scattante sistema operativo Linux MX, basato su Debian, con kernel Linux Liquorix a bassa latenza e desktop xfce.
Dal momento che i creatori della moderna DAW Harrison Mixbus lo hanno scelto come sistema Linux consigliato per i suoi utenti, ne troviamo preinstallata una versione di prova (la Harrison Mixbus è infatti a pagamento).
A differenza di Ubuntu Studio, il software preinstallato è il minimo indispensabile ma gli arricchimenti possibili sono tantissimi, grazie all’agevole accesso al repository Debian attraverso Synaptic.
Dovendo scegliere tra Ubuntu Studio e AV Linux MX, oggi come oggi, sceglierei sicuramente quest’ultimo.
Deep learning con Python
Quando un computer trae dall’analisi dei dati che gli diamo in pasto la capacità di classificarli, interpretarli o, addirittura, di prevedere altri dati, alle relative procedure si usa dare il nome di machine learning.
Nel manualetto “python_data_science” allegato al mio articolo “Python per la data science” pubblicato su questo blog nel dicembre 2021, ho presentato, ad uso di dilettanti principianti, alcuni moduli del linguaggio di programmazione Python concepiti per fare queste cose.
Le esemplificazioni che ho portato in quel manualetto riguardano processi di apprendimento abbastanza semplici, per lo più attinenti dati numerici collocati in piccoli dataset o brevi testi, in modo che le relative sperimentazioni siano eseguibili su computer di potenza media.
Lo scorso mese di maggio, in un altro manualetto intitolato “google_colab”, allegato al mio articolo “Se il nostro computer non ce la fa”, ho presentato la possibilità di trasferire queste sperimentazioni su un servizio di cloud computing di Google, che si chiama Google Colaboratory.
Il vantaggio è innanzi tutto quello di poter lavorare su masse di dati più voluminose, ma questo è il vantaggio più banale.
Il vero vantaggio è quello di poter lavorare su dati non solo numerici o di testo ma anche di suono o grafici e con metodologie e potenze di calcolo adatte a questo tipo di dati.
Metodologie che sostituiscono all’algebra lineare l’algebra tensoriale e attraverso le quali si compiono analisi con procedimenti che imitano il funzionamento del cervello umano e che richiedono al computer capacità elaborativa non più da computer di bassa o media potenza.
A tutto ciò si dà il nome di deep learning.
Pur avendo a che fare con una materia che esula dalle capacità e forse anche dall’interesse dei dilettanti cui mi rivolgo, faccio un tentativo di divulgazione con l’allegato manualetto, anche finalizzato a far conoscere fin dove arriva il software libero.
Se il nostro computer non ce la fa
Nel manualetto “python_data_science” allegato al mio articolo “Python per la data science” del dicembre 2021 ho presentato i principali strumenti che il linguaggio di programmazione Python mette a disposizione per l’analisi di grandi masse di dati, quelli che a qualcuno piace chiamare big data.
In quel manualetto le esemplificazioni sull’uso di alcuni strumenti di machine learning sono riferite a piccoli dataset e funzionano benissimo anche su un computer di bassa potenza.
Se il data set si allarga e i dati da alcune unità diventano decine, centinaia o addirittura migliaia può accadere che i nostri computer casalinghi comincino ad arrancare o non ce la facciano proprio più e, come si suol dire, si impiantino.
Per non parlare di cosa succederebbe se ci avventurassimo nel deep learning.
Un professionista che vive di queste cose può non avere problemi ad attrezzarsi con macchine più potenti, ma un dilettante che voglia semplicemente fare qualche prova o uno studente che debba svolgere una esercitazione si possono trovare spiazzati.
Fortunatamente, se costoro lavorano con il linguaggio Python, possono trovare una soluzione al loro problema ricorrendo ad uno strumento che Google allinea tra i tanti che costituiscono la sua piattaforma di cloud computing: Google Colaboratory, altrimenti noto come Google Colab.
A Google Colab dedico l’allegato manualetto, come sempre liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Grafica con Kotlin
Nel luglio 2019, con il mio articolo “Kotlin: Java facilitato”, ho parlato del linguaggio di programmazione Kotlin allegando un manualetto per guidare principianti e dilettanti ad utilizzarlo per divertirsi a creare qualche programmino.
Quel manualetto contiene quanto basta per programmi a riga di comando senza interfaccia grafica ma vi si accenna al fatto che, dal momento che con il linguaggio Kotlin abbiamo accesso a tutte le librerie Java, da qui possiamo attingere per arricchire i nostri programmi Kotlin con la grafica.
I numerosi strumenti per la grafica che ci offre Java non si può dire siano di facile applicazione, soprattutto se utilizzati con il linguaggio Java.
Tuttavia il loro utilizzo con il linguaggio Kotlin, almeno se ci limitiamo all’obiettivo di dotare i nostri programmini di una semplice interfaccia grafica, possiamo dire sia alla portata di dilettante.
E’ ciò che mi propongo di dimostrare con l’allegato manualetto, liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.
Lua: linguaggio utile ma poco conosciuto
Forse perché utilizzato da professionisti in progetti insieme o all’ombra di altri linguaggi senza che ciò sia evidenziato, pochi dilettanti penso conoscano l’esistenza di Lua.
Si tratta di un linguaggio di scripting che, insieme a buone potenzialità, magari non all’altezza di quelle di altri linguaggi più ricchi di moduli che le espandono, come Python, ha il pregio di essere molto leggero e veloce e, pertanto, adatto all’embedding in progetti dove porta molta utilità senza pesare troppo.
Un campo di applicazione in cui primeggia come coprotagonista di programmazione, è quello dei videogiochi.
E’ abbastanza facile da imparare e può essere utilizzato anche da solo per scrivere programmi interpretati, anche di un certo impegno, per i sistemi Linux, Mac e Windows.
Trattandosi di software libero in piena regola non posso non presentarlo ai dilettanti che seguono il mio blog.
Nell’allegato manualetto lo presento in quanto tale e in due interessanti casi di embedding.
Il documento, in formato PDF, è liberamente scaricabile, stampabile e distribuibile.